Sin dai primi giorni di quarantena e lockdown legati al Covid-19, MyMovies ha rilanciato l’esperienza delle proiezioni di titoli nella sala virtuale di MyMoviesLive, riscuotendo grande successo. Ne parliamo con Gianluca Guzzo, ceo e founder di MyMovies.

Che riscontri ha avuto la vostra iniziativa?

Abbiamo registrato dei dati veramente entusiasmanti. Si pensa sempre che la gratuità dia poco valore al contenuto. Invece, sarà perché la programmazione rispetta un orario preciso, e quindi è irripetibile, o forse sarà perché i posti sono limitati, ma i numeri sono impressionanti. Dovevamo fermarci dopo i primi cinquanta film. Poi è arrivato il prolungamento del #Restoacasa da parte del governo. Oggi sul nostro sito stiamo facendo il doppio del traffico, nonostante ci manchi tutta la parte che ci veniva dalla fruizione della programmazione delle sale. Ci aspettavamo un crollo, perché quella sezione vale per noi il 30-40% del traffico, e invece registriamo un +115%. Evidentemente la ricerca dei film da casa è molto forte. Abbiamo anche dimezzato la percentuale di rimbalzo, ossia delle persone che leggono un contenuto e poi se ne vanno, che dal 40% è scesa al 20%. L’80% dunque approfondisce, e il fatto che aumentino i numeri e si dimezzi la frequenza di rimbalzo è una delle sorprese positive di queste settimane.

Che indicazioni ricaviamo da questi numeri?

Quest’esperienza da un lato evidenzia l’idea che un accesso limitato in termini di persone è premiante. Dall’altro riporta allo stesso tipo di entusiasmo che si registra nel festival cinematografici. Per i film del Far East Film Festival, la community, che è molto forte e radicata, unita, appassionata a un genere molto ben definito, si è spostata tutta nella chat. C’era tutta Udine, con quell’energia che si respira solo lì durante il festival. Possiamo dunque dire che anche in streaming abbiamo ricreato quel mood che più si avvicina alla sensazione di vedere un film tutti assieme in sala. Che è cosa diversa rispetto al visionarlo su una piattaforma. E questo lo ritengo straordinario.

Per i festival più piccoli quest’opportunità può indicare una strada possibile per non ‘saltare’ l’edizione 2020?

Ci sono tantissimi festival. E in molti si sono accorti di quel che stiamo facendo. C’è un tema di diritti, che è molto ampio. Ma è inutile negarlo, questa modalità si sposa molto bene con l’idea di tentare di salvare le edizioni di festival che altrimenti salterebbero, veicolandoli su una piattaforma. Stiamo testando anche la possibilità di organizzare un incontro in diretta con regista e moderatore dopo la visione del film. L’abbiamo fatto per la prima volta questa settimana con La guerra dei cafoni, ospitando Davide Barletti. Il pubblico ha potuto confrontarsi con il regista grazie a una diretta Zoom e alla chat. Dunque, con interazione immediata. L’esperienza di MyMoviesLive nasce dieci anni fa, anche se i più giovani ci hanno conosciuto solo nelle ultime settimane. Nel 2010 avevano dato uno sbocco distributivo a La bocca del lupo, che rischiava di non uscire in sala pur avendo vinto il Torino Film Festival. Negli anni successivi la sala virtuale era diventata uno strumento promozionale, una proiezione riservata a 300 persone.

Qual è la vostra visione del futuro della sala cinematografica, una volta che si deciderà di far ripartire le attività?

Ci sono un paio di visioni. Per una ci riprenderemo e in un paio di anni tornerà tutto com’era. Per l’altra a breve termine il ritorno alla normalità è molto lontano. Parliamo con i diversi festival e concordiamo nel pensare che non ci saranno più code, feste, e tutto quello che era il format delle manifestazioni più importanti. Come rimpiazzare il tappeto rosso della Croisette? Non si può, è semplicemente insostituibile. Attenzione però, perché le realtà più importanti in rete ci sono già, e chi resta indietro perde anche questa sfida.

C’è una strada praticabile per l’esercizio tradizionale?

La strada possibile è che il territorio, le attività ‘fisiche’, si digitalizzino. Anche il cinema è chiamato a questa conversione. Noi una proposta concreta all’esercizio l’abbiamo fatta. Altrimenti si rischia un’ondata di chiusura, tra leggi sul distanziamento, regole e timore del pubblico. Buona parte del pubblico delle sale era fatto di persone adulte oltre i sessant’anni. Non possiamo insomma aspettare che le cose si risolvano da sole, affidarci all’attesa messianica di un vaccino. Dobbiamo immaginare soluzioni nuove.