Milano – Il 1° gennaio 2019 prendeva il via la fatturazione elettronica. L’idea era di andare a recuperare una parte dei 147 miliardi di euro di Iva che mancavano all’appello in Italia, rispetto al gettito di 36. Un divario fra l’atteso e il riscosso che sfiorava il 26%. L’introduzione della fattura elettronica avrebbe dovuto fermare i lavatori d’Iva e il sommerso in generale. Grazie all’introduzione della fattura elettronica il ministero dell’Economia stimava maggiori incassi per quattro miliardi di euro. Oggi, a distanza di un anno e mezzo dalla sua introduzione, l’Osservatorio Digitale B2B del Politecnico di Milano ha calcolato che, nel 2019, sono transitate attraverso il Sistema di interscambio 2,09 miliardi di fatture elettroniche che hanno permesso di individuare e bloccare – fra gennaio e novembre dello scorso anno – falsi crediti d’Iva per 945 milioni di euro. Un miliardo rispetto ai quattro preventivati. Come a dire: chi non emetteva fatture prima, continua a non emetterle. Al contrario, le imprese hanno dovuto appesantire il ciclo di emissione, spendere soldi in consulenze, rendere meno fluido il processo di riconciliazione della fattura con altri documenti: l’ennesima vittoria della burocrazia, e la sconfitta degli apparati produttivi.