Roma – “Questo governo non lavora col favore delle tenebre”, disse il premier Giuseppe Conte il 20 aprile scorso. Sarà. Ma di venerdì sera, alla vigilia di quello che a Roma è il ponte estivo per eccellenza, perché oggi lunedì è San Pietro e Paolo, dunque con i giornali silenziati e l’opinione pubblica in spiaggia, il ministro Dario Franceschini ha firmato il decreto che rimodula le tariffe di copia privata. Qualcuno scrisse che lo avrebbe fatto alla vigilia del 2 giugno, profittando di un altro weekend lungo. Sbagliato, la settimana dopo ci sarebbe stata bagarre. Meglio farlo cadere nel vuoto di quest’atmosfera pre-estiva e pre-default, con Siae sull’orlo del crack, come da notizie di cronaca di questi giorni.

La formulazione del decreto (il cui testo è disponibile a questo link) ricalca di fatto lo schema della bozza che cominciò a circolare a febbraio, e che doveva essere sottoposta a consultazione pubblica, con il coinvolgimento di quelle parti che erano state arbitrariamente escluse dal comitato consultivo sul diritto d’autore. Il confronto è stato rinviato per l’emergenza Covid-19, e poi, dal momento che in questi mesi in videoconferenza si è fatto tutto ma questo non si poteva fare, definitivamente affossato. In modo che le tabelle aggiornate seguano esclusivamente i desiderata di Siae, grazie alla mediazione di Salvatore Nastasi, che dopo aver ricoperto incarichi di vertice in viale della Letteratura, è tornato a operare al Mibact. Con i risultati che oggi apprezziamo.

La novità che penalizza il comparto dell’elettronica di consumo è l’introduzione tra le categorie sottoposte al compenso di wearable, smartwatch, activity tracker, e l’aumento da 5,20 a 6,90 euro per gli smartphone di fascia alta (con più di 64 GB), mentre quello per i dispositivi sino a 16 GB è contenuto in 10 centesimi in più. Viene ridotta la tariffa per i Cd Rom, così come i massimali delle schede di memoria e delle chiavette Usb.

La tassa, non potendo seguire un consumo che non c’è, perché la copia privata non la fa più nessuno, e lo streaming si è affermato nel video e nell’audio, va semplicemente a intercettare i trend di mercato. Dove si concentra la spesa dei consumatori, lì applica il balzello. È la tecnica del perfetto furto di Stato. Il ridicolo si supera nel caso nei Tv dotati di funzione Pvr, perché la tariffa si applica ai decoder e al televisore ma anche all’hard disk, senza cui non si può registrare.

Siae ha così garantiti 130 milioni circa di raccolta all’anno per il prossimo triennio, e se il governo cambia, pazienza. Ormai la rendita di posizione è garantita. Quanto alla ripartizione del compenso, chi vivrà vedrà. A oggi ci sarebbero ancora 200 milioni di euro di debiti verso gli aventi diritto. Sono nelle casse di viale della Letteratura e generano interessi. Quando vi fanno l’elogio della lentezza, mettetevi nei panni di un banchiere. E capirete i vantaggi della tartaruga.

Nella giornata di sabato abbiamo raccolto il commento a caldo di Davide Rossi, direttore generale di Aires e presidente di Optime. “Questa vicenda è paradigmatica di come non andrebbero gestite le cose in Italia. Una direttiva europea ha deciso che ci sia un riconoscimento indennitario a favore di persone fisiche e imprese danneggiate dal diritto incomprimibile dei privati di fare copie per uso privato di opere protette dal diritto d’autore. L’Italia ha doverosamente recepito la norma, prima con una legge nel 1972 e poi con un Decreto Legislativo nel 2003. Quel decreto ha deciso che ogni 3 anni il ministro per i Beni Culturali aggiornasse le tariffe per adeguarle alle innovazioni tecnologiche e ai comportamenti dei consumatori”, spiega Rossi. “Si è deciso che a definire questa materia fosse una task force, ovvero il comitato permanente per il Diritto d’Autore, ente di alta consulenza nominato dallo stesso ministro e già esistente dal 1941 con varie competenze, ma solo recentemente incaricato del tema ‘copia privata’. A far parte di questo ente sono chiamati principalmente i rappresentanti delle categorie che percepiscono questi compensi. La cosa ovviamente crea qualche imbarazzo al ministro, che però invece di intervenire si adegua e cerca di far passare il più possibile sotto silenzio, pubblicando quasi in sordina i decreti e garantendo che non ci sono aumenti. Viene da domandarsi allora perché si è fatto un nuovo decreto? Avrebbe molto più senso che il ministro prendesse di petto le decisioni, qualsiasi esse siano, senza nascondersi dietro alle decisioni tecniche di una task force, ovviamente orientate in una sola direzione. Avremmo poi apprezzato come Optime un intervento per contrastare l’evasione dei compensi in nell’ottica di una riduzione delle tariffe alle imprese serie che hanno sempre versato tutto il dovuto. Non abbiamo fino ad ora visto niente di tutto questo. Ne riparleremo con forza nell’Assemblea Pubblica di Optime (che sarà trasmessa in diretta su NatLive) il prossimo 17 luglio”.