Roma – Si fa avanti l’ipotesi di raddoppiare l’aliquota della digital service tax, portandola dal 3% al 6%. Per un ricavo di 600 milioni di euro (rispetto ai 270-300 milioni incassati dallo Stato fino ad ora), come riporta il Sole24Ore. Lo scopo è di recuperare maggiori risorse da destinare al taglio delle tasse su imprese e famiglie.

La digital service tax è stata introdotta nel 2019, e viene applicata ai servizi pubblicitari veicolati su siti e social network, la profilazione di dati degli utenti, l’accesso alle piattaforme digitali e i corrispettivi percepiti dai gestori delle piattaforme. Rimane esclusa la fornitura diretta di beni e servizi ordinati sul sito web del fornitore. I soggetti tenuti al pagamento sono le aziende con ricavi complessivi pari o superiori ai 750 milioni di euro (cifra che scende a 5,5 milioni di euro se si considerano le attività svolte nel territorio italiano).

All’epoca si è trattato di una soluzione di compromesso, dopo che la tassazione sui servizi digitali introdotta da alcuni Paesi Ue (tra cui l’Italia) aveva suscitato la reazione dell’allora presidente Usa Donald Trump, che aveva inasprito i dazi. Anche oggi, se la proposta dovesse andare in porto, bisognerà vedere come reagiranno le multinazionali del web e il governo americano.