Un focus di Istat, intitolato “I divari territoriali nel PNRR: dieci obbiettivi per il Mezzogiorno”, registra, tra le componenti che fanno del nostro Sud “il territorio arretrato esteso dell’Area Euro, che ha sofferto in modo accentuato la grande crisi del 2008 e, da ultimo, l’impatto della Pandemia”, anche i ritardi nell’infrastruttura Broad Band, che è un fattore primario nel digital divide (ricordiamo che la mission numero uno dello stesso PNRR è finalizzata a ridurre i divari strutturali di competitività, produttività e digitalizzazione dell’Italia).

L’indice di Penetrazione della banda ultra-larga, che si riferisce alla quota di sottoscrittori di abbonamenti in Banda ultra-larga sulla popolazione residente, conferma i progressi compiuti ma anche il persistere di divari territoriali significativi. Tale componente nel 2015 a livello nazionale risultava particolarmente bassa (poco più del 2% a fronte di una media europea del 22%) ma nel 2020 lievita al 20,4%. L’incremento è stato molto significativo soprattutto a partire dal 2018 (12,7% a fronte del 7% dell’anno precedente): si passa da una quota del 22% circa nelle regioni del Nord, al 22,8% del Centro, per scendere al 18,4% al Sud e al 17,5% nelle Isole.

Si noti anche come nelle regioni del Centro-Nord una quota largamente maggioritaria di popolazione risieda in contesti caratterizzati da un’ampia diffusione della banda ultra-larga, e ciò determina maggiori opportunità in termini di “connettività”. Nel Mezzogiorno lo scenario è opposto: 3 province su 4, in cui risiede il 60% circa della popolazione, hanno una quota di accessi inferiore alla media nazionale e poco meno di 1 residente su 5 vive in contesti molto distanti da questo standard”.