Mountain Views (Usa) – La Corte Suprema ha ascoltato in queste ore le argomentazioni di Google in merito a un caso potenzialmente rivoluzionario, che potrebbe alterare l’efficacia di una legge chiave che, secondo l’industria tecnologica, è stata fondamentale per mantenere Internet un luogo aperto in grado di favorire la libertà di parola.

Il caso è noto come Gonzalez v. Google, intentato dalla famiglia di un americano morto in un attacco terroristico a Parigi nel 2015. L’accusa sostiene che Google e la sua filiale YouTube non hanno fatto abbastanza per rimuovere o smettere di promuovere i video terroristici dell’Isis che cercavano di reclutare membri, il che, a loro avviso, costituisce una violazione della legge antiterrorismo. Nei tribunali di primo grado, Google ha vinto sostenendo che la Sezione 230 del Communications Decency Act la protegge dalla responsabilità per ciò che i suoi utenti pubblicano sulla sua piattaforma.

Ora questa norma è in discussione, poiché i famigliari di Gonzales sostengono che non dovrebbe essere applicata quando Google promuove attivamente i contenuti generati dagli utenti, ad esempio attraverso i suoi algoritmi di raccomandazione. Molti deputati e senatori Usa di entrambi gli schieramenti sembrano aperti a una revisione del provvedimento, che da anni è sotto tiro a Washington perché protegge le aziende tecnologiche che fanno poco per fermare i discorsi d’odio e la disinformazione sulle loro piattaforme.I sostenitori della libertà di espressione avvertono che la modifica della Sezione 230 avrebbe forti implicazioni sul funzionamento di Internet, incentivando i servizi più diffusi a limitare o rallentare i messaggi degli utenti per evitare di essere ritenuti responsabili di ciò che dicono.

“Senza la Sezione 230, alcuni siti web sarebbero costretti a bloccare in modo eccessivo, filtrando i contenuti che potrebbero creare un potenziale rischio legale, e potrebbero chiudere del tutto alcuni servizi”, ha scritto il consigliere generale di Google, Halimah DeLaine Prado, in un post sul blog di gennaio che riassume la posizione dell’azienda. “Questo lascerebbe i consumatori con meno possibilità di scelta su Internet e meno opportunità di lavorare, giocare, imparare, fare acquisti, creare e partecipare allo scambio di idee online”.

La Corte Suprema ascolterà mercoledì anche un altro caso tecnologico che potrebbe avere implicazioni sul modo in cui le piattaforme promuovono e rimuovono i discorsi sui loro siti. Nella causa Twitter contro Taamneh, la Corte valuterà se Twitter possa essere ritenuto responsabile ai sensi della legge antiterrorismo per non aver rimosso contenuti terroristici dalla sua piattaforma.